In questo post vogliamo fare ulteriore chiarezza su un tema che a noi, Famiglia Galluzzi, sta particolarmente a cuore… ecco perché oggi parleremo dei valori nutrizionali del pesce pescato e del pesce d’allevamento intensivo.

Proseguendo il discorso argomentato nel precedente articolo, in cui abbiamo evidenziato le differenze tra pesce pescato e pesce d’allevamento intensivo, oggi ci preme fare un focus sui valori nutrizionali di entrambe le categorie.

Tuttavia prima di entrare nello specifico dei valori veri e propri è doveroso fare un piccolo excursus sull’acquacoltura.

Storia dell’acquacoltura

L’acquacoltura, creata ad hoc dall’essere umano, è una pratica che ha origini preistoriche, tant’è che i primi riferimenti documentati all’allevamento di pesce provengono dalla Cina, circa 5.000 anni fa.

L’allevamento di pesce in Cina si è evoluto da una pratica tradizionale a una vera e propria industria, in particolare durante la dinastia Tang (618-907 d.C.), quando gli allevatori di pesce utilizzavano l’acqua di fiumi e stagni per coltivare pesci come la carpa e il pesce gatto.

Anche nell’antico Egitto, l’allevamento di tilapia e carpe in vasche era una pratica comune già nel 2000 a.C. Poi è toccato agli etruschi e ai fenici allevare varie specie ittiche fino ai romani che iniziarono ad allevare spigole, orate, anguille, ostriche in vasche sui litorali costieri. Tuttavia all’epoca il concetto di allevamento era ben diverso da quello attuale.

Non si allevava per sostituirlo al pesce pescato, ma bensì come sostentamento di emergenza nel caso in cui il pesce selvatico, per motivi legati principalmente al clima, veniva a mancare.
Quindi era una pratica fatta a fin di bene ma che purtroppo è mutata con il progresso.

Arriviamo agli anni 50, che segnano appunto l’inizio della moderna acquacoltura, con lo sviluppo di tecniche avanzate di allevamento del pesce e la creazione di sistemi di produzione su larga scala.

Una vera e propria moda che ha visto nascere le prime aziende di acquacoltura in Europa e negli Stati Uniti, dove la domanda di pesce fresco era in continua crescita.

La moderna acqualcoltura con gli allevamenti intensivi

Con l’avvento della moderna acquacoltura, gli allevatori di pesce hanno iniziato a utilizzare tecniche e pratiche poco consone per migliorare la crescita e la qualità del pesce.

L’enorme domanda di pesce ha chiaramente richiesto un aumento della produzione che a sua volta ha generato un incremento delle malattie.

D’altronde se la moltiplicazione dei pesci avviene in spazi così ridotti e in tempi eccessivamente brevi, è comprensibile che si vengano a creare i presupposti per un habitat dannoso e poco salutare.

Tutto ciò ha portato la diabolica mente umana ad utilizzare antibiotici nei mangimi per prevenire le malattie.

Peccato che questa pratica favorisce lo sviluppo di batteri resistenti nei sedimenti e sui fondali di allevamento. Senza dimenticare che in tutti i tipi di acquacoltura intensiva è presente anche il problema riguardo ai reflui che contengono le deiezioni dei pesci, gli scarti di mangime e ovviamente anche i residui di antibiotici.

Tutte queste dinamiche, non solo sono dannose, ma contribuiscono a determinare un mutamento anche della composizione chimica dell’acqua favorendo la crescita di alghe che producono tossine pericolose per gli organismi marini e per l’uomo.

Alla faccia della tanto decantata sostenibilità ambientale. Altroché, tutto ciò è un pericolo sia per gli uomini che per gli ecosistemi circostanti le vasche. Però, nessuno dice che occorrono più di trent’anni per bonificare un ecosistema inquinato!

Negli anni ’60 e ’70, l’acquacoltura è cresciuta rapidamente in tutto il mondo, soprattutto in Asia, dove il pesce d’allevamento è diventato una fonte importante di proteine per le popolazioni locali. In questo periodo, sono state sviluppate nuove specie di pesce d’allevamento, come il salmone dell’Atlantico, la trota e il pesce gatto.

Il boom della cucina orientale

Ma è negli anni ’80 e ’90 che l’acquacoltura è esplosa in tutto il mondo, con un’ulteriore crescita della produzione di pesce d’allevamento in Asia, e con il boom della cucina orientale e del sushi.

Gli allevamenti intensivi di salmone si sono moltiplicati a dismisura, mentre gli stock di quello selvatico sono ben lontani dal ripopolamento: il salmone Atlantico è addirittura in estinzione, mentre quello del Pacifico è in grave calo.

La conseguenza di quanto descritto fin qui è poi chiaramente riscontrabile nei valori nutrizionali.

Ciò che ci colpisce di più è la differenza di alcuni dati dovuti, appunto, al loro sviluppo.

I pesci di allevamento intensivo, vengono infatti nutriti quasi totalmente da mangimi artificiali composti dal 60-70% da farine vegetali, alcune anche poco digeribili per l’uomo e olii di pesce. Il rimanente da farina di soia e da amidi derivati dal frumento.

Ovviamente il pesce di allevamento vivendo in sovrannumero in vasche ristrette si muove poco.
Ne consegue che la sua stabilita fisica è fragile e necessita di antibiotici per non ammalarsi.

Il pesce di allevamento intensivo ha almeno un 30% di grassi e calorie in più rispetto a un pesce selvatico.

Di questi si conta una quantità minore di acidi grassi omega 3 rispetto al pesce pescato e una maggiore componente di acidi grassi omega 6.

Quest’ultimi noti per il loro potere pro-infiammatorio rappresentano un fattore non positivo per l’uomo in quanto favoriscono di molto il rischio cardiovascolare.

Considerando che la quantità di omega 6 riscontrata è più del doppio rispetto ad un pesce pescato, è facile comprendere come quest’aspetto possa essere potenzialmente dannoso per il nostro organismo.

Ma, ad esempio, quali sono le proprietà nutrizionali di una spigola d’allevamento intensivo rispetto ad una spigola selvatica?

In 100 grammi di spigola allevata abbiamo un apporto di circa 149 calorie così ripartite:

  • 55% proteine,
  • 39% lipidi e
  • 4% carboidrati

A differenza, in 100 grammi di spigola di mare abbiamo un apporto di circa 97 calorie così ripartite:

  • 81.4% proteine,
  • 18.6% grassi e
  • 0% carboidrati.

Una bella differenza!

Un altro fattore da non sottovalutare è la diversità dal punto di vista organolettico.

Per chi ha avuto modo di mangiare entrambi, si sarà reso conto che il gusto è notevolmente diverso. Il pesce di mare ha un’inclinazione molto più buona e saporita rispetto al pesce allevato, e questo dipende dal fatto che l’acqua di un allevamento e l’acqua di mare sono molto diverse tra loro.

L’acqua di allevamento di solito proviene dal mare, ma viene depurata e filtrata attraverso un processo che la rende sostanzialmente acqua pura e niente di più, ma decisamente meno salina.
A quest’acqua viene aggiunto poi il nutrimento per i pesci, che ripetiamo può contenere eventuali antibiotici, acceleratori, conservanti e quant’altro.

L’acqua di mare, invece, possiede tantissime altre sostanze: qui vi si trovano organismi viventi di vario genere che determinano un ecosistema molto complesso e impossibile da replicare.

Inoltre abbiamo appurato come la quantità di lipidi sia superiore nel pesce d’allevamento e questo aspetto lo si può percepire in fase di degustazione: la sensazione è quella di masticare qualcosa di grasso e oleoso.

Uno sguardo ai prezzi

I prezzi dei pesci d’allevamento intensivo sono nettamente inferiori rispetto al pesce pescato e questo è ben comprensibile.

Ad esempio una spigola pescata può toccare attualmente (c.a.) i 40 euro al kg a seconda della grandezza e della provenienza, mentre un simile prodotto allevato non supera i 15 euro.

Appurata la differenza nutrizionale tra un pesce pescato e uno allevato possiamo dire che per quanto ci riguarda restiamo fermi sulle nostre idee.

Tutta questa pubblicità pro-pesce d’allevamento verte unicamente a ridurre il più possibile la pesca nazionale a favore della grande distribuzione che crea chiaramente maggiori introiti.

Purtroppo il mondo ittico è estremamente complesso e poco trasparente.

Ancora oggi il consumatore finale ha paura di prendere fregature nell’acquisto del pesce perché non c’è chiarezza! La maggior parte del pesce che troviamo in commercio è d’allevamento intensivo di provienza Europea, una piccola parte invece proviene da allevamenti distensivi con criteri più sani e corretti e poi c’è il vero pescato!

La paura del consumatore è proprio questa, ovvero non sapere se sta acquistando un pesce selvatico o un pesce d’allevamento, un pesce fresco o uno vecchio, un pesce estero o uno italiano, un pesce congelato o uno fresco!

Noi diciamo basta, è ora di iniziare ad informare ad educare il consumatore sia in fase di acquisto che sui nostri canali social.

La FAMIGLIA GALLUZZI lo fa da sempre perché vogliamo essere chiari, onesti e trasparenti.

Quando comprate del pesce ricordatevi di chiedere tutte le informazioni necessarie:

  • nome del pesce,
  • da dove arriva,
  • se è stato pescato o no,
  • come è stato pescato,
  • è fresco o è stato congelato?

A differenza della grande distribuzione noi vogliamo essere il vostro consulente ittico di fiducia perché siamo consapevoli che la stagionalità sia un valore, quindi il nostro consiglio è prestate attenzione: se sul banco trovate sempre tutte le specie di pesce che desiderate vuol dire che c’è qualcosa di strano.

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